E.T.C. di Carlo Perfetti

Indicazioni: patologie del sistema nervoso centrale e periferico che determinino una compromissione a livello motorio o sensitivo e patologie ortopediche. L’utilizzo di questa metodica è ottimale per la riabilitazione della propriocezione e della sensibilità tattile (che risultano alterate non soltanto nelle patologie di tipo neurologico ma anche in quelle in campo ortopedico, in special modo in caso di fratture e interventi chirurgici), per la riduzione e il controllo dell’ipertono, dell’irradiazione e della reazione abnorme allo stiramento. L’integrità della propriocezione e l’adeguatezza del tono muscolare sono dei presupposti fondamentali  per lo svolgimento di movimenti fluidi e funzionali.

Propriocezione e movimento

Abbiamo detto che l’E.T.C. (Esercizio Terapeutico Conoscitivo) di Carlo Perfetti, cui d’ora in avanti ci riveriremo per comodità come metodo Perfetti, è l’ideale per il recupero della propriocezione e dei deficit della sensibilità tattile. Ma che cos’è la propriocezione?

Una persona sana conosce perfettamente, senza il supporto della vista, la posizione del proprio corpo entro lo spazio percepito e la relazione  delle sue diverse parti  tra loro (tronco, testa, arti..). Se voglio prendere un bicchiere devo ovviamente vederlo, ma non devo guardare la mia mano per capire come debba muoverla e come debba  adattare la presa alla forma del bicchiere. Questa percezione del proprio corpo  prende il nome di  propriocezione. 

La progettazione e l’esecuzione di gesti fluidi e funzionali richiede una  propriocezione integra, che invece risulta alterata in molteplici patologie, sia a carico del sistema nervoso centrale (ictus, sclerosi multipla, atassie, malattia di Parkinson..) che periferico, ma anche in casi di fratture o interventi di impianti di protesi articolari. Il trattamento riabilitativo della propriocezione  è fondamentale per ottenere un appropriato recupero della fluidità del movimento. 

I pazienti con deficit propriocettivi cercano di compensare spontaneamente  questa carenza utilizzando la vista, che nei mammiferi è un canale informativo estremamente “prepotente” rispetto agli altri sensi: guardano la mano per capire come devono muoverla per prendere il bicchiere, guardano il piede per capire come devono effettuare il passo. In questo modo  però riducono le proprie possibilità di recupero dell’informazione propriocettiva e quindi di una mobilità più fisiologica.

Uno degli obiettivi del riabilitatore sarà quindi di “costringere” il paziente a rimettere in gioco le informazioni provenienti da quelle strutture corporee chiave per la propriocezione (muscoli, tendini, articolazioni, pelle) di cui la persona sana usufruisce in modo “automatico”, inconsapevole.

spugnette di gommapiuma di diversa densità
Regoli di diversa lunghezza
Sfere ed ovali in legno di diverse dimensioni
Cilindri di gommapiuma di diverso diametro
stoffe di diversa consistenza
piombi di diverso peso
Pongo di diversa densità
Forme diverse di pasta

Alla base del metodo Perfetti ci sono tre gradi di esercizi:

Esercizi di I° grado

“Gli esercizi di primo grado hanno come scopo di permettere al paziente il raggiungimento di un soddisfacente controllo sulla reazione allo stiramento, il superamento del deficit della sensibilità tattile e cinestetica, nonché il reclutamento di un maggior numero di unità motorie. Consistono nella richiesta di attenzione nei confronti di opportune afferenze, perlopiù cinestetiche e tattili, al fine di giungere alla verifica di adeguate ipotesi percettive proposte dal terapista mediante idonei sussidi1”.

Durante l’esecuzione di questi esercizi il paziente deve inibire qualsiasi tipo di  contrazione volontaria e deve limitarsi ad adattare il tono muscolare dell’arto in modo tale da consentire al fisioterapista di guidarne il movimento

“In alcuni di questi esercizi, dopo aver mostrato al paziente una serie di figure, la sua mano viene guidata, inibendo ogni contrazione volontaria, a seguire i contorni delle figure stesse ad occhi chiusi ed in seguito viene chiesto al paziente  di identificare su quale figura della serie sia stato guidato il braccio2.”. Per riuscire ad eseguire correttamente questo esercizio il paziente dovrà:

  • compiere un’ analisi visiva delle figure che gli vengono mostrate.
  • trasformare gli angoli visivi dei contorni delle figure in angoli cinestetici ovvero in un’idea/ipotesi del movimento che il suo arto dovrà compiere per seguire i diversi contorni delle figure stesse (ipotesi percettiva).
  • effettuare un’analisi dei movimenti che il fisioterapista sta facendo compiere  al suo arto (analisi cinestetica), per fargli seguire  i contorni delle figure. Questa analisi del movimento si basa esclusivamente sulle informazioni propriocettive.
  • Confrontare l’analisi cinestetica del movimento percepito mediante la propriocezione con l’idea/ipotesi di movimento che aveva realizzato in base alla visione dei contorni delle immagini (verifica dell’ipotesi percettiva).

Esercizi di 2° grado

In questi esercizi, che mirano al controllo dell’irradiazione,  “viene richiesta al paziente la verifica di ipotesi percettive che richiedano reclutamenti di sole poche unità motorie di un numero ridotto di muscoli (..)3”. Questo tipo di esercizi è fondamentale per portare il paziente al “controllo sulle contrazioni irradiate determinate dal movimento volontariamente eseguito4.”. Il paziente per eseguire correttamente questo esercizio dovrà imparare a modulare il reclutamento muscolare per effettuare un’analisi cinestetica muovendo l’arto attivamente per poi poter verificare le ipotesi percettive. Negli esercizi di 1° grado questo movimento veniva guidato interamente dal fisioterapista. Negli esercizi di 2° grado in realtà il paziente esegue attivamente solo parte dell’intera traiettoria del movimento, che si svolge comunque con la facilitazione della guida manuale del terapista che deve dosare il proprio intervento valutando quanta parte del movimento lasciar compiere attivamente al paziente in base alla capacità del paziente di controllare l’irradiazione. Il terapista, oltre a calibrare la facilitazione, deve anche dosare attentamente la velocità con cui viene compiuto il movimento, tenendo presente che uno dei fattori che scatenano l’irradiazione è proprio la velocità dei movimenti. Tutti gli esercizi di primo grado possono essere trasformati in esercizi di secondo grado.

Esercizi di 3°grado

Servono ad aiutare il paziente a compiere un processo di generalizzazione delle traiettorie eseguite con gli esercizi di primo e secondo grado  per consentirgli la possibilità di esecuzione  del maggior numero di traiettorie possibili e nella maniera più funzionale possibile “utilizzando le informazioni provenienti dall’esterno e dal proprio corpo solamente per regolare spazialità, temporalità e intensità del movimento, così come fa il soggetto sano, allorché debba apprendere una nuova prestazione motoria5.”. E’ possibile proporre al paziente questo tipo di esercizi soltanto quando egli sia arrivato a controllare in modo automatizzato (sottocorticale), attraverso gli esercizi di primo e secondo grado, l’irradiazione e la reazione allo stiramento. Il controllo automatico di questi due parametri permette infatti al paziente di concentrarsi esclusivamente sulla valutazione di eventuali discrepanze tra la traiettoria di movimento richiesta dal fisioterapista e quella che lui ha eseguito.

Controllo volontario (corticale) e controllo automatico (sottocorticale).

Negli esercizi di 1° e 2° si assiste, come abbiamo visto, ad una transizione da un controllo volontario dell’irradiazione (esercizi di 1°) e della reazione abnorme allo stiramento (esercizi di 2°)  ad un controllo automatico. 

In realtà anche l’apprendimento di nuove abilità motorie in condizioni fisiologiche avviene mediante una transizione da una prima fase che si svolge mediante controllo volontario (corticale) dell’esecuzione del compito motorio da apprendere ad una seconda fase in cui il controllo dell’attività che svolgiamo avviene in modo “automatizzato” (sottocorticale). 

Quando impariamo a portare la macchina dobbiamo porre attenzione in modo controllato a come mettere il piede per frenare, per accelerare, a quanta forza dobbiamo usare per spingere il pedale, alla direzione verso cui spostare la leva del cambio per cambiare le marce, a quanto dobbiamo girare il volante e in che sequenza precisa dobbiamo svolgere tutte queste singole azioni necessarie a portare avanti la guida. E all’inizio è difficilissimo e spesso la macchina si spegne perché  non sappiamo dosare frizione e acceleratore. Quando abbiamo terminato il processo di apprendimento tutte queste azioni le svolgiamo in automatico senza doverci porre attenzione e  possiamo chiacchierare con i passeggeri mentre pensiamo al tragitto da scegliere per arrivare alla meta desiderata.

Durante l'apprendimento l'esecuzione degli atti motori avviene mediante "controllo volontario"
Le attività apprese vengono svolte principalmente mediante "controllo automatico"

Nella riabilitazione il rapporto tra l’informazione sottoposta ad analisi controllata e quella sottoposta ad analisi automatica è “programmato dal riabilitatore, in maniera tale da permettere un progressivo allungamento dei tratti di sequenza che possono essere attivati con un’unica presa di informazione sottoposta ad analisi di tipo controllato6.“. In un secondo momento si può insegnare al paziente a passare autonomamente dall’analisi automatica a quella controllata durante l’esercizio, utilizzando quelli che Perfetti chiama “segnali di attenzione”. Si può trattare ad esempio di informazioni che indicano la comparsa dell’irradiazione. A titolo esemplificativo viene riportato l’esercizio in posizione seduta in cui il paziente deve estendere il ginocchio  per seguire con la pianta del piede una linea tracciata a terra. Il distacco del bordo mediale del piede da terra diventa qui “segnale di attenzione” per passare all’analisi controllata perché appunto è indice della comparsa dell’irradiazione7.

Richiedere precocemente l’esecuzione dell’intera sequenza del passo comporterebbe un’analisi controllata di una quantità di elementi ingestibili. Occorre  effettuare un lavoro preparatorio ben strutturato prima di poter arrivare a proporre un’esecuzione così complessa. Perfetti ci suggerisce una chiave nella progettazione di questo lavoro riabilitativo  ovvero lo studio dell’ontogenesi del movimento : “(..) identificare complessi strutturati di reclutamenti che vengono utilizzati funzionalmente dal bambino in periodi ben precisi dell’evoluzione maturativa e che in periodi altrettanto precisi, in rapporto all’evoluzione cognitiva, vengono combinati tra di loro così da permettere operazioni sempre più complesse8.”. 

La ripetizione codificante ovvero l’acquisizione stabile e duratura di nuove abilità.

Come abbiamo già detto altrove, la neuroriabilitazione si propone di indurre delle modificazioni durature del sistema nervoso centrale, cosa che in gergo chiamiamo “corticalizzazione”. Perfetti in quest’ottica parla di  “ripetizione codificante9”. Questa consiste nel proporre la ripetizione dell’esecuzione di uno schema, inserendo tuttavia delle “variazioni sul tema”: far percorrere ad occhi chiusi al paziente il contorno di semicerchi di raggio crescente/decrescente e chiedere di identificarli. Questo approccio, secondo Perfetti, permette al paziente di individuare e apprendere non tanto “una mossa del gioco” ma piuttosto “le regole del gioco” e farle proprie (corticalizzarle).

Nel descrivere i tre gradi di esercizi del metodo Perfetti ho fatto riferimento più volte all’ipotesi percettiva.  Vediamo ora più approfonditamente di cosa si tratta.

L’ipotesi percettiva e il movimento

Perfetti ci dice che di fronte “(..) alla necessità di soddisfare un determinato compito il sistema nervoso centrale viene obbligato a porsi determinate ipotesi percettive da verificare e a formulare una serie di operazioni concatenate tra loro in grado di condurre all’acquisizione delle informazioni necessarie per convalidare o respingere, attraverso adeguati confronti, quanto ipotizzato10.”. Per arrivare a sollevare una borsa da terra ad esempio, dobbiamo progettare, in base ad una serie di ipotesi percettive:

  • il movimento di avvicinamento da compiere in base alla distanza, stimata visivamente (ipotesi percettiva), del manico della busta dalla nostra mano,
  • il movimento della mano per effettuare la presa in base alla forma della maniglia (ipotesi percettiva) e al suo orientamento nello spazio (ipotesi percettiva).
  • la forza muscolare da impiegare per sollevarla in base alla stima che facciamo sul peso della borsa (ipotesi percettiva). 

Questo progetto verrà messo in atto mediante una serie di operazioni concatenate tra loro. Se durante l’esecuzione del gesto emergerà che le ipotesi percettive non sono perfettamente calzanti e che quindi il “progetto” non è perfettamente appropriato rispetto al compito da eseguire, interverranno degli opportuni “aggiustamenti” dell’atto motorio durante la sua l’esecuzione. Questo è possibile grazie ad un raffinatissimo sistema di feedback che consente al sistema nervoso centrale di conoscere in tempo reale cosa accade a livello periferico e quindi di confrontare in tempo reale il “progetto”, elaborato sulla base di un preciso obiettivo, con la sua esecuzione.

La contrazione del muscolo è soltanto l’ultimo anello di una catena di eventi che comprendono la modulazione dell’attenzione rispetto a tutta una serie di afferenze sensoriali al sistema nervoso centrale, principalmente informazioni di tipo tattile e propriocettivo, e la selezione e memorizzazione di quelle informazioni fondamentali legate a quel preciso contesto che vanno confrontate con schemi preesistenti per elaborare i parametri specifici della contrazione muscolare per quello specifico atto motorio. 

Risulta quindi fondamentale fin dall’inizio portare l’attenzione del paziente verso “(..) quelle strutture che permettano di programmare le caratteristiche di questo reclutamento nei confronti di un’ipotesi percettiva11”. In questo quadro gli esercizi di primo grado, che in un’ottica tradizionale verrebbero classificati come passivi perché non richiedono una contrazione muscolare volontaria, ma soltanto un adattamento del tono muscolare, sono in realtà esercizi attivi perché rivolti a tutta quella sfera di “azioni” che sono a monte del movimento volontario

Gli esercizi di primo grado obbligano il paziente ad effettuare un’analisi visiva delle forme e a ricavarne gli “equivalenti cinestetici” ovvero ad esempio trasformare degli angoli identificati con la vista in “angoli cinestetici” che fanno riferimento alla sensibilità propriocettiva derivante dalle informazioni provenienti dalle strutture anatomiche coinvolte nel movimento (muscoli, tendini, articolazioni, cute). 

Il paziente così fa un’ipotesi di cosa dovrebbe sentire/percepire nel percorrere i contorni di una figura piuttosto che di un’altra. Quando il terapista gli farà percepire il contorno delle figure per identificarle ad occhi chiusi poi, dovrà confrontare la sua ipotesi cinestetica (ipotesi percettiva) dedotta dall’analisi visiva con ciò che percepirà realmente. 

La presa di consapevolezza della discrepanza tra ipotesi percettiva e realtà gli permetterà di migliorare la sua capacità di analisi cinestetica.

 


 

1Pag. 101

2Pag. 70

3Pag 75

Perfetti C. Condotte Terapeutiche per la rieducazione motoria dell’emiplegico. 1986 Ghedini Editore. pag. 102

Ibidem pag. 104

Ibidem pag. 57

7 Ibidem pag. 58

8 Puccini P. Perfetti C. Lo sviluppo del sistema funzionale della manipolazione (analisi strutturale) SIMFER 12, Riassunti, 1981

9 Perfetti C. Condotte Terapeutiche per la rieducazione motoria dell’emiplegico. 1986 Ghedini Editore. pag. 62

10 Ibidem pag. 44

11 Ibidem pag 69