Concetto Bobath

Indicazioni: Il Concetto Bobath, a differenza di altri metodi come l’R.M.P. Kabat Concept o il l’E.T.C. di Carlo Perfetti, che vengono largamente impiegati anche nella riabilitazione ortopedica, è indicato esclusivamente per la neuroriabilitazione. Una delle più recenti definizioni di questo metodo recita infatti che  “(…) l’attuale Concetto Bobath è un approccio di tipo problem-solving per la valutazione e il trattamento di persone con disturbi della funzione, del movimento e del controllo posturale dovuti ad una lesione a carico del sistema nervoso centrale.” (Kollen et al, 2009).

Il concetto Bobath nasce negli anni quaranta dalla collaborazione  tra una fisioterapista tedesca e un medico cecoslovacco, i coniugi Bertha e Karel Bobath. Entrambi ebrei, si conobbero a Londra, città in cui si erano rifugiati per via del dilagare del nazismo. Fin dal principio della sua carriera Bertha si cimentò nella riabilitazione di pazienti spastici. Questa sua iniziale  esperienza pose le basi di tutte le sue succesive realizzazioni; dall’apertura del centro per il trattamento di bambini spastici a Londra nel 1944, alla creazione Western Cerebral Centre nel 1957.  D’altro canto, fin dal 1951 Bertha aveva ufficialmente affiancato alla propria pratica riabilitativa l’attività didattica e nel 1954, con la discussione della tesi  “Anomalie dei riflessi di postura nelle lesioni cererbrali”, era divenuta membro della  Chartered Society of Physiotherapy.

Il dottor Karel Bobath prima di conoscere Bertha aveva lavorato prevalentemente in ambito pediatrico occupandosi  in modo più specifico di paralisi cerebrali infantili (Schleichkorn 1992). Egli iniziò a collaborare con il Western Cerebral Centre (WCC) di Bertha come consulente dal 1957 e la  sua formazione medica gli permise di fornire un supporto teorico ai risultati empirici del lavoro di Bertha. Fu proprio dalla loro strettissima collaborazione nel WCC che si sviluppò il metodo che porta il loro nome. E’ qui che nacque l’idea, rivoluzionaria per l’epoca, che la spasticità “non è uno stato fisso, ma che può essere influenzata da una rieducazione appropriata (Cachet et al, 2000). Idea rivoluzionaria perchè ci vorranno ancora molti anni perchè il mondo scientifico si renda conto e accetti che il nostro sistema nervoso centrale è tutt’altro che una struttura biologica rigida ed immutabile, come si riteneva all’epoca, e perchè si inizi a parlare di neuroplasticità. Apprendiamo da Cachet H. et all che secondo Karel Bobath“ (…) i bambini che presentano una sofferenza neurologica non nascono con cinesi anormali, ma le sviluppano quando tentano di evolvere nel loro ambiente. L’intervento terapeutico  precoce sarebbe pertanto di grande aiuto nel guidare questo sviluppo, evitando che si instaurino  schemi irreversibili.” (Cachet et al, 2000).

“IL TONO E’ L’OMBRA DEL MOVIMENTO”. La centralità del ruolo del tono muscolare nel Concetto Bobath. Cenni sul metodo.

In realtà è estremamente difficile elaborare una trattazione divulgativa sintetica sul Concetto Bobath perchè questo metodo non dispone volutamente di un impostazione strutturata. Che il rifiuto di  un approccio strutturato sia una caratteristica connaturata al Concetto Bobath lo si evince immediatamente leggendo la premessa alla prima edizione di uno dei testi di riferimento più diffusi sull’argomento (Cachet et al, 2000): “Dato che si tratta di un concetto e non di una tecnica, non esistono regole assolute che possano essere applicate  indifferentemente a tutti i pazienti. Tutto quello che contribuisce a consentire al paziente di apprendere una nuova abilità o di muoversi in modo più normale può essere senz’altro inserito nel piano di trattamento”.  In realtà quest’idea viene ribadita con una certa frequenza quando ci si approccia a testi che trattano il Concetto Bobath:  “Mrs Bobath sentiva che era importante che il trattamento non fosse costituito da un set strutturato di esercizi da prescrivere a tutti i pazienti, ma piuttosto un’ampia varietà di tecniche adattabili e flessibili in modo tale da incontrare le mutevoli esigenze degli individui” (Schleichkorn, 1992).

Possiamo però individuare un filo conduttore all’interno di questo metodo: il tono muscolare. La sua centralità all’interno del Concetto Bobath è tale che la celebre frase dei coniugi Bobath, “il tono è l’ombra del movimento”, ha finito per diventare quasi un sinonimo del metodo stesso. 

Le conoscenze neurologiche dell’epoca avevano già evidenziato come l’ipertono spastico, che si riscontra nei pazienti emiplegici, fosse dovuto ad una mancanza di controllo inibitorio da parte del sistema nevoso centrale (SNC) dovuto ad una lesione di specifiche aree (lesione del SNC di tipo piramidale). Queste nozioni suggerirono a Bertha Bobath l’idea che il trattamento riabilitativo dovesse mirare principalmente a ripristinare quella carenza di inibizione. Essa si cimentò quindi fin dagli inizi della sua carriera per individuare delle modalità di trattamento che potessero indurre un effetto inibitorio sul tono muscolare per favorire la produzione di movimenti fisiologici. Questa sua intuizione trovò riscontro nei risultati della sua pratica riabilitativa   da cui emerse che effettivamente, con un intervento clinico precoce ”era possibile influenzare il tono mediante input afferenti” (Bobath, 1970).  Negli anni novanta Bertha, illustrando i risultati cui lei e Karol erano pervenuti in tanti anni di lavoro, scriverà che “il principale problema osservato nei paziente è stato un’ abnorme coordinazione dei patterns motori in combinazione con un tono abnorme, e che forza e attività di singoli muscoli risultavano essere di secondaria importanza.” (Bobath, 1990).

L’evoluzione del metodo negli anni portò all’identificazione e all’impiego di posture inibitorie (reflex inhibiting postures) e di patterns di movimento ad effetto inibitorio (reflex inhibiting patterns):  nel primo caso si tratta di  posture statiche che hanno l’effetto di inibire  tono e riflessi abnormi; nel secondo caso di patterns di movimento in cui prevalgono delle componenti rotatorie e che hanno lo scopo di inibire patterns di movimento stereotipati. (Bobath 1990).

Nella successiva elaborazione del metodo il paziente andò a rivestire un ruolo sempre più attivo nel trattamento: “la migliore inibizione risultò essere l’attività stessa del paziente” (Mayston, 1992);  la normalizzazione del tono e la facilitazione del movimento volontario vennero quindi perseguiti intervenendo sui Key Points of Control ovvero specifiche aree corporee (spalle, bacino, mani, piedi..)  che opportunamente stimolate manualmente dal fisioterapista con tecniche inibitorie o facilitatorie (handling) possono condurre il paziente al mantenimento di una postura corretta o all’esecuzione di movimenti fisiologici.

Tra le diverse modalità di intervento proprie di questo metodo troviamo anche il placing (tecnica che implica il movimento di un arto del paziente in una determinata posizione che egli dovrà mantenere contro gravità), il guiding (terapia attraverso il movimento guidato: il terapista guida le mani e il corpo del paziente  durante l’esecuzione di compiti concreti che richiedono l’interazione con l’ambiente allo scopo di risolvere un problema), la rieducazione delle reazioni di equilibrio, le tecniche di autoinibizione del tono muscolare e delle reazioni associate.

 

BIBLIOGRAFIA


KOLLEN, Boudewijn J., et al. The effectiveness of the Bobath concept in stroke rehabilitation: what is the evidence?. Stroke 2009, 40:e89-e97.

Cochet H., Allamargot  T., Bertin A.,  Jaillard P., Lapierre S., Lasalle T., Concetto Bobath  rieducazione in neurologia. Encycl Méd Chir (Editions Scientifiques et Médicales Elservier SAS, Paris) Medicina Riabilitativa, 26-060-8-10, 2000, 14 p.

Patricia M. Davies. Passo dopo Passo. Il trattamento integrato dei pazienti con emiplegia. Springer 2004

(Schleichkorn 1992) in KOLLEN, Boudewijn J., et al. The effectiveness of the Bobath concept in stroke rehabilitation: what is the evidence?. Stroke 2009

(Bobath 1970, 1978) in KOLLEN, Boudewijn J., et al. The effectiveness of the Bobath concept in stroke rehabilitation: what is the evidence?. Stroke 2009

Bobath 1990 in KOLLEN, Boudewijn J., et al. The effectiveness of the Bobath concept in stroke rehabilitation: what is the evidence?. Stroke 2009

Mayston 1992 in KOLLEN, Boudewijn J., et al. The effectiveness of the Bobath concept in stroke rehabilitation: what is the evidence?. Stroke 2009